L’atto di opposizione alla commercializzazione della propria opera compiuta da Bansky domina oggi ogni supporto di informazione lasciando nell’incredulità e nella rabbia una gran parte degli operatori del mercato dell’arte.
Com’è noto, Bansky con i suoi lavori si è reso portavoce di provocazione e critica anche verso il mercenario e incoerente sistema dell’arte.
L’opera, une versione inedita del più celebre soggetto di Bansky “Girl with balloon” era in proprietà ad un collezionista privato e celava all’interno della sua cornice un meccanismo di autodistruzione. Tale meccanismo, sconosciuto al collezionista, avrebbe agito in autotutela nel caso in cui il proprietario la avesse venduta in asta, profanando il messaggio alla base dell’opera e violando l’onore e la reputazione dell’autore stesso.
Questa nuova provocazione artistica ha creato un precedente i cui profili giuridici richiamano una riflessione sull’applicabilità del diritto d’autore, quantomeno in Italia
In Italia, l’art. 20 della Legge sul Diritto d’autore, riserva all’autore il diritto di opporsi anche a qualsiasi atto a danno dell’opera stessa che possa essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione. Una tesi ritiene che la lesione all’onore e alla reputazione dell’autore si ha anche quando la modificazione o la scorretta comunicazione dell’opera possano indurre il pubblico a formarsi un giudizio sulla personalità dell’autore sensibilmente diverso da quello che deriverebbe dalla corretta percezione.
Pertanto l’atto di distruzione avvenuto nelle sale di Sotheby’s per mano dell’artista potrebbe essere la concretizzazione – dai toni esasperati – della tutela riconosciuta all’autore verso il proprio lavoro.
Dall’altro lato è indubbio che l’atto in sé ha costituito una performance dell’autore stesso, vi sono già commenti sul futuro dell’opera ormai parzialmente distrutta.
Di chi è dunque la responsabilità di questo atto e qual è oggi il suo valore? — Vi è da precisare che abitualmente, in sede d’asta, la proprietà dell’opera non passa nella sfera patrimoniale dell’acquirente al battito dell’ultimo colpo di martello, bensì quando avviene il pagamento da parte dell’acquirente. Sebbene al momento della sua autodistruzione l’opera fosse in custodia alla casa d’aste, non vi si potrebbe attribuire una responsabilità della stessa poiché il meccanismo era stato precedentemente inserito nella cornice e attivato a distanza.
Difatti, l’atto di distruzione è stato accompagnato da effetti teatrali, al tocco del martello di aggiudicazione per 1.18 milioni di euro, è suonato un allarme – come a richiamare l’attenzione di tutti i presenti – e immediatamente l’opera si è autodistrutta di fronte allo sgomento di tutta la sala. Bansky ha rivendicato la paternità dell’accaduto mostrando su un social network la costruzione del tagliacarte all’interno della cornice.
Quanto accaduto – paradossalmente – ha donato indubbiamente all’opera un carattere ancora più unico aumentandone, forse, anche il valore commerciale e contribuendo al paradosso per il quale un atto di critica al sistema dell’arte possa diventare vittima del sistema stesso.
Sebbene l’opera ad oggi sia stata gravemente danneggiata il suo valore economico è plausibilmente aumentato mettendo in luce la sostanziale indipendenza di quest’ultimo dalla fisicità dell’oggetto.
L’ultimo atto di questo gesto artistico sarà compiuto quando e se l’acquirente vorrà concludere la vendita, entrando in possesso di una costosissima mangiata di coriandoli di Bansky.